Il motore del runner: cosa abbiamo in comune con le automobili?
Di Huber Rossi.
Quante volte abbiamo sentito dire che «Quell’atleta ha un motore pazzesco»? O che quel nostro amico si è ritirato in una corsa, perché «A un certo punto ha finito la benzina».
Senza che ce ne accorgiamo, ci viene spontaneo spiegare le cose della corsa usando le parole e i concetti che regolano il funzionamento del motore. In queste intuizioni c’è un fondo di verità. Ne abbiamo parlato anche su Correre di aprile, nei testi che accompagnano lo speciale abbigliamento primavera-estate composto da immagini di runner ambientate al Museo storico dell’Alfa Romeo di Arese.
La potenza: cavalli e massimo consumo di ossigeno (VO2max)
Nelle automobili le prestazioni vengono spesso collegate alla cilindrata e ai “cavalli”. Motori con cilindrata 2.000 cc (centimetri cubi) e 150 HP (o corrispondente valore espresso in CV o in Kilowatts) hanno prestazioni migliori (a parità di peso) di auto con 1.500 cc di cilindrata e 100 cavalli di potenza.
In questo caso il paragone tra l’automobile e il corpo umano è valido: anche nel corpo del runner possiamo misurare una cilindrata e una potenza: il massimo consumo di ossigeno (VO2max) viene usato proprio per indentificare la potenza del nostro motore da corsa che può essere tenuta nel tempo. Il parametro del massimo consumo di ossigeno, infatti, misura la capacità di utilizzare l’ossigeno (insieme ai substrati energetici) per ricostituire l’ATP (adenosintrifosfato) nell’unità di tempo; più è alto il consumo di ossigeno e maggiore è la velocità di ricostituzione di questa molecola. L’ATP permette la contrazione muscolare, per cui se la sua ricostituzione è veloce il muscolo può contrarsi per lungo tempo a intensità più elevate.
I valori del massimo consumo di ossigeno
Il massimo consumo di ossigeno è indicato sia in valore assoluto (litri/minuto), sia in valore relativo al peso corporeo (ml*kg-1*min-1,, dove l’asterisco “*” indica la moltiplicazione): poiché la corsa è uno sport “antigravitario”, in cui si deve sollevare il proprio corpo a ogni passo, è più importante possedere un elevato valore relativo rispetto a un elevato valore assoluto.
Alcuni esempi: nei sedentari il “VO2max pro-kilo” si attesta nei maschi sotto i “40 ml*kg-1*min-1”e nelle femmine sotto i “30 ml*kg-1*min-1”. Questi valori sono molto bassi e rendono quasi tutte le attività aerobiche (fare le scale, correre anche lentamente, camminare in salita) molto faticose. Se quel sedentario e quella donna degli esempi fossero automobili avrebbero difficoltà a effettuare qualsiasi sorpasso e in salita la loro velocità sarebbe molto bassa.
Il VO2max delle “Ferrari umane”
Nei soggetti mediamente allenati i valori pro-kilo di VO2max si attestano intorno ai 45/55 ml*kg-1*min-1 nei maschi e 35/45 ml*kg-1*min-1 nelle femmine. Con questi valori si possono effettuare attività aerobiche come correre, fare le scale, correre e pedalare in salita a una buona velocità.
Le “Ferrari degli sport di endurance”, come ad esempio gli atleti africani in maratona, raggiungono valori elevati di VO2max) (maschi sopra gli 80 ml*kg-1*min-1 e donne superiori ai 65 ml*kg-1*min-1), in questo caso la potenza è molto elevata (simile a quella di un auto con molti cavalli e con la cosiddetta “grossa cilindrata”) e permette di primeggiare a livello mondiale negli eventi di media e lunga durata.
La cilindrata
A parità di cilindrata le auto che hanno più cavalli e un peso inferiore rendono di più; per un runner a parità di massimo consumo di ossigeno possedere un peso corporeo ridotto per la propria statura (BMI = body mass index) e un’elevata soglia anaerobica (massima intensità di equilibrio tra produzione e rimozione dell’acido lattico ematico) permette di correre più forte e per più tempo negli eventi di mezzofondo prolungato e fondo.
Il paragone tra corpo umano e motore delle auto è nella nostra immaginazione. Abbiamo visto nella prima puntata che anche per un runner si può parlare correttamente di potenza e di cilindrata del proprio motore, una volta individuate le giuste unità di misura. Ma il gioco del confronto non finisce qui: anche per il runner, come per l’automobile, possiamo parlare di serbatoio, di consumi che variano in base alla velocità e di importanza della carrozzeria.
A noi manca il cruscotto
Negli eventi di lunga e lunghissima durata (maratona, ultramaratona, ultra trail, etc) non basta possedere un elevata cilindrata se poi finiamo la benzina prima del traguardo: oltre ad avere un buon motore bisogna avere un consumo ridotto e un serbatoio capiente.
Quando si deve percorrere una determinata distanza in automobile, spesso si fa il conto di quanta benzina consumiamo in litri ogni 100 km (o di quanti chilometri riusciamo a percorrere con un litro) e di quanto è pieno il serbatoio; non potendo il corpo umano fare rifornimento immediato (anche se ci alimentiamo in gara possiamo fare solo piccolissimi “rabbocchi”, perché poi serviranno diverse ore o giorni per recuperare le riserve che bruciamo durante le corse di lunga durata), bisogna gestire la velocità in modo da non calare nel finale. Se “finiamo la benzina” prima del tempo (per esempio in maratona tra il 30° e il 35° km), possiamo solo proseguire camminando o correndo molto lentamente (se fossimo in automobile dovremmo chiamare il carro-attrezzi!).
In questo caso il serbatoio di un’automobile può essere paragonato alle riserve di zuccheri che abbiamo nei muscoli e nel fegato; queste riserve, se utilizzate al meglio, possono permetterci di avere energia per 1:30’-2:00’. Anche sotto questo aspetto runner e automobile possono essere paragonati. Se in auto dobbiamo coprire un lungo tratto di strada senza distributori di benzina da cui rifornirsi, partiamo con il serbatoio pieno e calcoliamo con attenzione la velocità media da mantenere per non consumare troppo carburante e fermarci “a secco” prima della meta. Lo stesso discorso vale nella corsa: se decidiamo di fare una maratona dovremo calcolare con attenzione qual è il ritmo che possiamo tenere fino alla fine senza esaurire la “benzina”, cioè le nostre disponibilità energetiche.
Da questo punto di vista, alimentarsi male prima di una gara o allenarsi troppo intensamente il giorno prima del via, significa partire con il serbatoio già semivuoto. Tale situazione porta a una fine della “benzina” molto prima del previsto. Tra l’altro, diversamente da quanto accade in automobile, dove sul cruscotto possiamo vedere in modo preciso quanta benzina ci resta, il corpo umano fa fatica a capire molto prima quanto manca allo svuotamento definitivo del serbatoio.
Il runner è come un’auto a benzina/metano
Dal punto di vista del carburante, alcune automobili riproducono in modo ancora più preciso il comportamento del corpo umano; si tratta delle auto che funzionano sia a benzina sia a metano, e che per questo doppia alimentazione ricordano il runner in azione, che utilizza una miscela di grassi e zuccheri per compiere la contrazione muscolare; se un auto sta procedendo a velocità elevata grazie all’uso della benzina e finisce questo carburante, dovrà passare al metano presente nelle bombole. Questo passaggio comporterà però un forte rallentamento della velocità (il metano, come i grassi nel corpo umano, producono una potenza inferiore nell’unità di tempo) e lo stesso avviene nei maratoneti che, raggiunto un livello basso delle riserve di zuccheri, dovranno passare ai lipidi (grassi), rallentando in modo significativo la velocità (in certi casi passando anche al cammino).
La carrozzeria
Un ultimo, importante elemento, che accomuna le auto all’essere umano, è l’economia legata al movimento. Le auto con carrozzerie aerodinamiche, un ottimo rapporto peso-potenza, materiali evoluti e reattivi, gomme performanti e ammortizzatori molto efficaci sono come gli atleti di endurance che con un peso ridotto, una struttura corporea longilinea, muscoli sottili e performanti, tendini forti e reattivi, e scarpe leggere ed evolute primeggiano nel mondo del running.
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